Come cambia la pensione se si decide di continuare a lavorare dopo aver aggiunto i requisiti per il pensionamento? Ecco le varie casistiche.
Se con l’approssimarsi dell’età pensionabile in tantissimi si chiedono a quanto ammonterà l’assegno mensile, una certa percentuale di lavoratori si domanda, altresì, di quanto il cedolino potrebbe crescere proseguendo con la propria occupazione per un altro anno.
Del resto il caro vita legato alla crescita dell’inflazione ha pesantemente rimescolato le carte dal punto di vista del budget che ogni famiglia deve spendere mensilmente. La pensione potrebbe non bastare più per poter condurre, dopo il lavoro, una vita serena e senza pensieri; da qui l’idea di poterla incrementare stringendo i denti e continuando a lavorare ancora per un certo periodo di tempo.
Pensione: cosa succede lavorando un anno in più del previsto
È importante muoversi in anticipo per essere perfettamente consapevoli di quali saranno le future disponibilità finanziarie. O valutare se sia il caso di affiancare al trattamento pensionistico una pensione integrativa che consenta di eliminare qualsiasi preoccupazione. Continuare a lavorare pur avendo raggiunto i requisiti pensionistici porterà il montante contributivo ad aumentare e con esso anche l’età del lavoratore. Applicando il coefficiente di trasformazione che si utilizza per effettuare il calcolo, l’importo dell’assegno mensile potrebbe decisamente beneficiarne.
Ricordiamo che anche il coefficiente di trasformazione, che ogni due anni viene aggiornato, aumenta con l’aumentare dell’età di pensionamento. In realtà non è sempre equivalente ad un beneficio il fatto di ritardare il pensionamento poiché bisognerà tenere in considerazione anche il capitolo tassazione ed è per questo che è fondamentale effettuare una simulazione di questo calcolo. Inoltre occorrerà tenere fortemente in considerazione le conseguenze emotive legate al prendere una scelta simile, ovvero di andare avanti ancora per un anno intero a lavorare.
Conviene sempre continuare a lavorare dopo la pensione?
Sulla base del sistema pensionistico contributivo, quello ad oggi più diffuso e strettamente collegato ai contributi versati, ogni lavoratore versa mediamente il 33% della sua retribuzione lorda annua a titolo di contributi e questo porta il montante contributivo ad aumentare. Il coefficiente di trasformazione invece parte da un minimo del 4,27% per un’età di pensionamento pari a 57 anni e può arrivare fino al 6,66% per chi interrompe il lavoro a 70 anni.
Pertanto le variazioni degli importi possono essere importanti: per fare un esempio chi va in pensione a 63 anni al posto che a 62 potrà veder applicato un coefficiente di trasformazione del 5,03% al posto del 4,88%; questo impatterà in maniera significativa sul valore del cedolino. Per capire se sia davvero conveniente proseguire con la propria attività bisognerà però anche valutare il proprio montante contributivo: quando non è troppo alto infatti la differenza del trattamento pensionistico potrebbe essere troppo limitata per andare a giustificare un anno in più di lavoro.