A questo punto della pandemia, cosa sappiamo effettivamente della vitamina D e del COVID? La risposta della scienza sulla correlazione.
Tre anni e mezzo fa, l’inizio dell’incubo. Nei primi mesi del 2020, l’inizio della pandemia da Covid-19, con tutta la morte, la sofferenza, che il virus ha portato nel mondo. Ancora oggi, a distanza di tutto questo tempo, non sappiamo tutto quello che c’è da sapere sul virus venuto dalla Cina. Per esempio, qual è il legame tra vitamina D e Covid? Ecco lo studio che prova a chiarire la correlazione.
Tra il febbraio e il marzo 2020, l’Italia fu tra i primi Paesi europei a essere colpiti duramente dalla pandemia da Covid-19. Nonostante le restrizioni, scattate fin da subito, in particolare con il durissimo lockdown, il virus è riuscito a dilagare. Abbiamo ancora negli occhi le drammatiche immagini delle bare di Bergamo, trasportate sui mezzi militari.
Solo la scienza e, in particolare, l’avvento dei vaccini sono riusciti a riportarci parzialmente alla normalità. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dichiarato alcuni mesi fa la fine della pandemia, anche se il virus continua a mordere. Per questo, occorre conoscere al meglio le caratteristiche del Coronavirus, per evitare di farsi trovare nuovamente impreparati. Prezioso, in tal senso, questo studio riguardante la correlazione tra vitamina D e Covid.
Qual è il legame tra vitamina D e Covid?
Nel corso della pandemia, il legame tra vitamina D e COVID è stato un tema scottante. Nello specifico, il legame tra la carenza di vitamina D e il modo in cui può influire sulle possibilità di prevenire, contrarre e sopravvivere al COVID. Come sappiamo, la vitamina D è un ormone che influenza l’assorbimento del calcio e ha anche effetti riconosciuti sul sistema immunitario. E sappiamo anche che la vitamina D non è particolarmente presente negli alimenti. Possiamo far salire i suoi livelli, oltre che con integratori, con una esposizione ragionata alla luce del sole. Ma a questo punto della pandemia, cosa sappiamo effettivamente della vitamina D e del COVID?
Le prime ricerche sul COVID hanno rilevato che la gravità della malattia e i tassi di mortalità correlati al COVID erano più elevati nei gruppi con bassi livelli di vitamina D, inclusi gli anziani, gli afroamericani, i pazienti con diabete mellito, malattie polmonari croniche e cardiovascolari. Esistono molte teorie sulla relazione tra vitamina D e COVID, incluso se avere bassi livelli di vitamina D renda più suscettibili al COVID e se l’integrazione con vitamina D possa prevenire l’infezione da COVID o aiutare a trattarla.
In questi tre anni e mezzo sono stati condotti numerosi studi sulla vitamina D e sul COVID e i risultati sono stati contrastanti, con alcuni studi che hanno mostrato un effetto benefico e altri che non hanno mostrato alcun effetto. Uno studio pubblicato su The Journal of Clinical Endocrinology & Metabolism nel marzo 2021 ha rilevato che oltre l’80% dei pazienti con diagnosi di COVID-19 erano carenti di vitamina D. Tuttavia, uno studio dell’agosto 2020 pubblicato su Metabolism non ha trovato prove conclusive tra i livelli di vitamina D e il rischio di infezione o gravità di COVID-19. E uno studio del giugno 2021 pubblicato su PLOS ONE non ha rilevato associazioni significative tra i livelli di vitamina D e una relazione con la prevenzione, il trattamento o la gravità della malattia di COVID-19.
Insomma, la risposta più giusta da dare è che c’è molto altro che dobbiamo scoprire sulla relazione tra molti nutrienti e il rischio COVID. Fortunatamente, sono in corso alcuni ampi studi sperimentali che potrebbero darci una migliore comprensione di quali siano i rischi e se qualcosa di semplice come l’integrazione possa aiutare.