
Abbiamo la nuova Giunta. Viene dopo quella composta, oltre che dal sindaco Gigantelli, da D’Addabbo, D’Autilia, Totaro, Valentini, De Florio, Tundo e Luisi che hanno amministrato Turi dal 18 giugno al 30 settembre: una Amministrazione detta “balneare” il cui scopo principale era quello di traghettarla verso una giunta migliore. E dopo tanto discutere, cercare, valutare, ecco l’ennesima nuova giunta.
Prima considerazione. Scongiurata la caduta della Amministrazione Gigantelli con relativi annessi e connessi: ad esempio l’arrivo del commissario e nuove votazioni. Ma chi ne esce vincitore? Certamente Paolo Tundo (voto 10) che ha saputo aspettare dimostrando di avere tanta di quella pazienza, e alla fine ha raccolto i frutti.
Altra considerazione. E’ una giunta fatta tutta di maschi (voto 5) e intanto c’è qualcuno fra gli addetti ai lavori che si dice convinto che la dott.ssa De Florio (voto 8 per la coerenza) sia stata aiutata a defilarsi dalla giunta ed ora in Consiglio si attende la sua rivincita. Comportamento strano e assurdo quello di Luisi (voto 3): ha voluto prepotentemente la Polizia municipale per poi abbandonarla e rifiutare qualunque altra delega. Riteniamo eccessive le deleghe assegnate ad un Tundo comunque super-premiato: dove troverà il tempo per dedicarsi ad esse? Stesso discorso (troppe deleghe!) vale per D’Autilia e Totaro. Franco D’Addabbo ha ottenuto quel poco che desiderava per dedicarsi tranquillamente a studiare da futuro candidato-sindaco. Perplessità ha suscitato il comportamento di Giacomo Valentini (voto 5) che, per la pericolosa frenata e sterzata finale, non ci sentiamo di appoggiare. Non capiamo l’assessorato a Tateo: non certo per l’attaccamento al lavoro di Antonio, quanto per il ricorso ad un esterno di cui non comprendiamo la necessità.
Infine permetteteci 3 sorrisi finali: la delega alla cultura al futuro capogruppo D’Addabbo, praticamente il ‘nulla’ a Palasciano e la non-manutenzione delle vie extraurbane a Pino Carenza. Per Gigantelli la speranza che sia il suo ultimo rimpasto: quanto tempo ed energia sottratti a Turi!
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Commenti
Se un personaggio pubblico fa appello alla fragilità suona falso come un avvocato alla fine di un film americano, quando tenta la difesa imbarazzante di un killer pluriomicida che ha fatto a pezzi decine di prostitute prima di buttarle dentro i sacchi neri dell’immondizia a causa di una madre che, quand’era piccolo e bisognoso di cure, lavorava fuori casa tutto il giorno. Più in generale l’appello accorato all’umana debolezza suona freddo e privo d’ogni umanità come la frase di “Amico fragile”, la ballata di De Andrè: «come ti senti, amico fragile, se vuoi potrò occuparmi un’ora al mese di te». Tradotto: “tu mi comprendi, cittadino fragile, io sbaglio e cedo alle tentazioni proprio come te”. Allora, tanto per ricordare Sandra Mondaini, «che noia, che barba, che noia!». La politica è bella quando la fanno i duri, quelli che devi scorgerle le lacrime, andarle a cercare, trovarle dentro la vita e non in mezzo alle frasi. Perché, come diceva Puskin, sono i duri i più sensibili. E anche i meno ridicoli.
fonte: fondazione farefuturo
(parafrasando federica colonna)
Un paese fragile è un po' meno fragile
(Renato Brunetta)
Definizione:
sostantivo femminile
1.Qualità, condizione di ciò che è fragile, in senso proprio e figurato
2.Nella tecnologia dei materiali da costruzione, proprietà caratteristica dei materiali che alle prove meccaniche statiche presentano un carico di elasticità molto prossimo a quello di rottura, con modesto allungamento percentuale, e dei materiali che alle prove dinamiche presentano scarsa resistenza all’urto, cioè bassa resilienza.
Se lo chiedeva Vasco Rossi, il duro rocker della Romagna, con quella voce sempre umida di whiskey e grattata via dalla nicotina: “e tu chissà dove sei, anima fragile”. E l’anima fragile, ironia della sorte, è proprio là dove meno te l’aspetti: nel sorriso di Paolo Tundo. Il vice non riesce a celarla, l’anima, e col viso smagrito e il tono franco, infatti, lo confessa all’avversario di una vita (politica), il passante di passaggio. Come direbbe Sgarbi, de La Repubblica: «anch’io sento il peso di una fatica che si fa sempre più dura. Pensa che io non abbia momenti di fragilità?».
Ecco. È fragile. Proprio lui, che a un primo sguardo pare Piero Fassino dopo il tentativo di rifarsi una vita in Parlamento calandosi in testa un toupé e mettendo in atto un cambiamento di fede politica. Insomma, ognuno ha i suoi drammi, come è ovvio, ognuno ha le sue fragilità. Ma perché ribadirlo? Perché tirare fuori la tiritera moralista delle reciproche debolezze?
E' sempre difficile affrontare il tema della fragilità. È un argomento che suscita malcelata malizia ed espone a due rischi: apparire ruffiano o, peggio ancora, provocare ironia. La fragilità, infatti, è spesso evocata nel linguaggio politico come la captatio benevolentiae ciceroniana e suona, stonata, più o meno così: “caro cittadino, anche io, purtroppo, per quanto cerchi di elevarmi e prendere le distanze, provo come te, umile esempio della razza umana, quei sentimenti che m’accomunano ad una specie dalla quale, spesso e per decoro personale,fingo di non appartenere”. Appellarsi alla fragilità come al sentimento che accomuna e rende tutti gli esseri simili, fratelli degni di perdono e capaci di intonare in coro i versi di John Lennon ultima maniera, equivale a rendersi noiose vestali della lamentela, del piagnisteo.
Comportamento strano e assurdo quello di Luisi (voto 3): ha voluto prepotentemente la Polizia municipale per poi abbandonarla e rifiutare qualunque altra delega.
Perplessità ha suscitato il comportamento di Giacomo Valentini (voto 5) che, per la pericolosa frenata e sterzata finale, non ci sentiamo di appoggiare
Franco D’Addabbo ha ottenuto quel poco che desiderava per dedicarsi tranquillamente a studiare da futuro candidato-sindaco (permettimi articolista, per fare il candidato futuro sindaco, c'e' bisogno di trovare persone che lo sostengano e che lo considerino leader. non penso che in quest'amministrazione ce ne sia qualcuno con questi pensieri (magari l'unico e' tundo)