L’obiettivo del sodalizio è valorizzare un “dolce tradizionale dalle grandi potenzialità”, simbolo della forza della micro-imprenditoria al femminile
«La Faldacchea è un dolce tipico che appartiene alla storia e alla tradizione di una terra” ed “è diventata il simbolo di una comunità»; un prodotto «che si afferma nel segno dell’identità e dell’artigianalità italiana; e questo è molto importante in un’epoca di globalizzazione che coinvolge anche i prodotti alimentari».
Così la giornalista Maria Teresa Rossi, corrispondente della testata “America Oggi”, ha aperto la conferenza stampa di presentazione dell’associazione culturale E.T.S “La Faldacchea di Turi”, «formata principalmente da donne – maestre dolciaie, imprenditrici, commercianti e cultrici del dolce – e presieduta da Stefano de Carolis, che con le sue rigorose ricerche documentali, arricchite da testimonianze, ha riscritto l’origine del dolce turese».
L’evento promozionale, ospitato presso la sala stampa della Camera dei Deputati, ha visto gli interventi del deputato Ubaldo Pagano, del sindaco Tina Resta – affiancata dal vicesindaco Graziano Gigantelli, dal consigliere Teresita De Florio e dagli assessori Maurizio Coppi e Fabio Topputi – e del presidente Stefano De Carolis, accompagnato da una nutrita delegazione delle maestre dolciaie che, pur non potendo accedere alla sala stampa per le norme anti-Covid, ha voluto ugualmente essere presente per testimoniare la rilevanza dell’opportunità che Turi ha saputo cogliere.
De Carolis: “Un dolce dalle grandi potenzialità”
Il primo a prendere la parola è stato il presidente Stefano de Carolis, che ha ripercorso le tappe della sua ricerca sulla storia della Faldacchea, il cui snodo va rintracciato nella figura di Anna Antonia Martinelli. La “monecacédde”, difatti, vive per qualche anno all’interno del Convento di Santa Chiara ed ha l’opportunità di apprendere la ricetta della Faldacchea, gelosamente custodita dalle monache claustrate. Una volta conclusa l’esperienza conventuale, allestisce un piccolo laboratorio casalingo, trasformandolo in una “fucina” dove un’intera generazione di donne imparerà le tecniche di preparazione della Faldacchea e di altre ricette della tradizione.
A seguire, de Carolis ha illustrato gli obiettivi dell’associazione, nata «per unire le forze e, sotto il buon nome della Faldacchea, creare progetti per far conoscere questo dolce in Italia e all’estero». Un dolce «dalle grandi potenzialità, dietro cui ci sono delle peculiarità straordinarie: dalle mandorle, «rigorosamente prodotte in Terra di Bari e apprezzate in tutto il mondo», alle ciliegie, in origine utilizzate al posto dell’amarena. Un dolce che vanta una produzione annua di circa 10 tonnellate: volumi notevoli, soprattutto se si considera che sono raggiunti da una manciata di microimprese. Infine, de Carolis ha rivelato che, oltre ad aver avviato l'iter per far ottenere alla Faldacchea il riconoscimento di prodotto tipico tradizionale, l’associazione è stata invitata ad aderire al Club Unesco di Cassano, presieduto dalla dott.ssa Losito, che aveva già in mente di proporre il dolce turese come bene immateriale.
Sindaco Resta: “La Faldacchea motore del turismo esperienziale”
«Parlare della Faldacchea è parlare di Turi» – ha rilanciato il sindaco Tina Resta che ha inquadrato la Faldacchea come «un dolce che si presta ad un turismo esperienziale», anticipando che «tra le progettualità di valorizzazione del territorio che l’Amministrazione intende portare avanti, c’è la volontà di pensare a un turismo laboratoriale, che consenta di vivere in prima persona tutte le fasi di produzione della Faldacchea».
Evidenziata la dimensione affettiva della “regina dei nostri dolci”, il primo cittadino ha sottolineato il merito di Stefano de Carolis che «ha messo insieme le varie piccole imprenditrici, smontando l’idea della competizione e stimolando il gioco di squadra, importante per raggiungere degli obiettivi».
Onorevole Pagano: “Continuiamo a promuovere i prodotti tipici locali”
La conferenza stampa è stato conclusa dall’intervento del deputato Ubaldo Pagano, tarato sulla strategicità di «trasformare le rappresentazioni più vivide del territorio in un’opportunità di crescita di quel territorio stesso», nel solco del “glocalismo” che insegna ad unire i vantaggi della globalizzazione economica e il valore delle specifiche realtà locali. Una strada che la Puglia sta percorrendo con successo, come dimostrano i risultati riscossi nell’ultima stagione estiva, frutto della «valorizzazione e la promozione su larga scala dei prodotti tipici locali, diventata un richiamo naturale per milioni di turisti».
Una rotta, quella del glocalismo, che si vuol continuare a seguire, facendo in modo che «i Gruppi di Azione Locale (GAL) smettano di essere il luogo d’incontro di qualche potentato e si trasformino in luoghi dove le amministrazioni locali, il partenariato associativo e gli imprenditori possano incrociarsi per valorizzare i prodotti tipici. Oggi la faldacchea, domani la ciliegia ferrovia, dopodomani la mandorla».
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