L’appello di Simeone Maggiolini, fondatore e presidente onorario del Centro Studi dedicato allo statista democristiano
Aldo Moro è uno dei giganti della politica e della storia con cui Turi ha avuto l’onore di stringere un rapporto privilegiato. A testimoniare l’affetto dello statista per la nostra città ci sono i preziosi ricordi di Simeone Maggiolini, classe 1932, che ha affiancato Moro per quarant’anni, condividendo alcuni dei momenti topici della storia nazionale.
Una dedizione quella di Maggiolini che, nel 1980, si esprime nella fondazione del Centro Studi “Aldo Moro”, di cui oggi è presidente onorario. E proprio in questa veste ha partecipato alla tappa turese del progetto regionale “Moro Vive”, ospitata in videoconferenza dal nostro Istituto Superiore “Pertini-Anelli”.
Durante l’incontro, Maggiolini ha sottolineato la lungimiranza con cui Aldo Moro – assieme ai professori Dossetti, Fanfani e La Pira – ha contribuito alla stesura dei principi cardini della nostra Costituzione, aderendo con entusiasmo all’Assemblea Costituente.
Oltre a soffermarsi su alcuni aneddoti, il presidente onorario ha colto l’occasione per lanciare un appello: «Non si deve concentrare l’attenzione sulla tragica morte di Aldo Moro ma occorre parlare di Aldo Moro “vivo”, dell’eredità morale e politica che ha consegnato ai posteri. È importante che il suo messaggio di riscatto ed il suo esempio di umiltà vengano trasmessi soprattutto ai nostri ragazzi, affinché diventino consapevoli di cosa Moro abbia rappresentato per l’Italia e, in particolare, per la provincia di Bari».
Un’esortazione che ci sentiamo di condividere. Come suggerisce Maggiolini, dobbiamo ritrovare il tempo della narrazione e la cura del ricordo: di fronte a un’evoluzione (o deriva, a seconda dei punti di vista) della comunicazione verso forme sempre più “svogliate” e sincopate, queste sono le uniche risorse per difendere la Storia dalla minaccia dell’oblio. Senza cedere il fianco a retoriche posticce o aneliti populisti, ciascuno di noi ha il compito di alimentare la memoria collettiva, schierandosi contro l’insipienza di un’epoca fatta di “sequenze di presente ammonticchiate sul nulla”.
Fabio D’Aprile
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