Risorge dalle proprie ceneri l’accumulo di rifiuti abusivamente scaricati nello spiazzale antistante l’ex macello
Nel primo pomeriggio di mercoledì 4 novembre, via Ginestre è stata teatro di un rogo di rifiuti, con buona probabilità di natura dolosa. Una spessa coltre di fumo nero si è sollevata in cielo, disperdendosi nell’aria, la stessa che respiriamo tutti noi: “Si consuma così un duplice gesto di inciviltà verso la comunità turese. Non solo i rifiuti vengono illegalmente abbandonati nelle zone periferiche o in aperta campagna ma, per liberarsi dell'incomoda presenza, si arriva ad incendiarli” – scrivevamo nello scorso numero de “La Voce del Paese”.
LA “MONTAGNA” DELL’EX MACELLO È RISORTA
Tralasciando un attimo la questione dell’abbandono dei rifiuti, vogliamo adesso soffermarci sul folle gesto di darli alle fiamme. Di natura dolosa, infatti, anche l’incendio verificatosi non più tardi della stagione estiva nello spiazzale antistante l’ex macello comunale, una struttura fatiscente da tempo immemore. Nello spiazzale in questione, dove per intenderci sono ancora custodite le campane del vetro risalenti al periodo in cui il conferimento differenziato dei rifiuti avveniva per strada: erano gli anni della “dolce pigrizia”, una sorta di Belle Époque in cui la sforzo immane di dividere i propri rifiuti veniva tranquillamente risparmiato, nella più totale noncuranza delle problematiche ecologiche sempre più emergenti. Anche i più duri di comprendonio, però, hanno dovuto fare i conti con la realtà, con le centinaia di maleodoranti montagne di immondizia disseminate in tutto lo stivale; montagne che ciclicamente crollano – salvo poi sistematicamente rigenerarsi – grazie agli incendi appiccati, talora per esasperazione talaltra per interessi economici non proprio trasparenti.
La Campania, metaforicamente spostata in Patagonia, è ormai da tempo tristemente nota come la “Terra dei fuochi”; in questa regione i roghi di rifiuti sono infatti all’ordine del giorno, ma con un po’ di “pazienza”, assisteremo a breve ad uno scenario molto più omogeneo in tutta Italia. La stessa Turi, nonostante sia tra i più virtuosi “Comuni ricicloni” della provincia, “vanta” svariate discariche abusive, nella maggior parte dei casi dislocate tra i (non più) meravigliosi tratturi di campagna. Inoltre, come abbiamo potuto appena vedere, capita che anche l’immondizia abbandonata a Turi venga data alle fiamme: anche la nostra cittadina è quindi destinata a diventare una “Terra dei fuochi”?
La natura dolosa degli ultimi incendi potrebbe costituire più di un sospetto in tal senso; in Campania, infatti, gli incendi servono a liberare lo spazio dai rifiuti accumulati per far sì che in quello stesso spazio se ne possano accumulare altri: ecco perché, dicevamo, queste montagne sono in grado di rigenerarsi, di risorgere letteralmente dalle proprie ceneri. Pur volendo dunque scongiurare la possibilità che possano esserci anche a Turi preoccupanti ingerenze da parte della criminalità organizzata, il sospetto resta comunque legittimo: anche la montagna di immondizia dell’ex macello, infatti, è risorta dalle sue ceneri. “Coincidenze?” – ce lo auguriamo. Gli accertamenti del caso vanno lasciati agli organi di competenza, poiché spesso a commettere questi gesti sono “civilissimi” cittadini, estranei a qualsiasi sistema mafioso.
BASTA CON L’AUTOLESIONISMO!
L’Amministrazione, più volte interrogata su questo tema, ha speso nell’ultimo anno diverse migliaia di euro per un migliore monitoraggio delle periferie e delle aree extra-urbane anche e soprattutto in contrasto all’inquinamento: è chiaro, però, che i cittadini debbano fare la propria parte. “A rischio di sembrare pleonastici, ricordiamo ancora una volta che per smaltire qualsiasi tipologia di rifiuto urbano è sufficiente recarsi presso l'isola ecologica o, in caso si tratti di rifiuti ingombranti, contattare il numero verde della ditta Navita (800 098 563). Con un semplice gesto si ottengono due vantaggi: si risparmia il rischio di ricevere una multa salata e soprattutto si evita di avvelenare il territorio in cui si vive” – questo scrivevamo una settimana fa e questo continueremo a scrivere fino a quando certe manifestazioni di puro autolesionismo non cesseranno di esistere.
LEONARDO FLORIO
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