L’appello del nostro concittadino Vito Totire, referente della Rete per l’Ecologia Sociale
A pochi giorni dallo scoccare della mezzanotte che ci introdurrà nel nuovo anno, Vito Totire, referente della Rete per l’Ecologia Sociale, si è fatto promotore, assieme a vari enti di rilievo nazionale, dell’istanza di “bandire” l’uso dei fuochi pirotecnici.
«L’anno scorso – esordisce Totire – abbiamo lanciato il “solito appello” ai cittadini, ai decisori politici e ai sindaci. Qualche sindaco ha condiviso le nostre ragioni ma il bilancio finale non è stato soddisfacente: centinaia di feriti, diversi casi di amputazioni di dita, un giovane morto nella regione Marche, danni inestimabili alla qualità dell’aria e del suolo. Anche dove vigeva un veto del sindaco, l’uso dei botti non è stato azzerato». «Da tempo – aggiunge – ci era chiaro che la rincorsa “sindaco per sindaco” non era molto soddisfacente dal punto di vista ergonomico, anche se comunque utile visto che quantomeno il sindaco è il decisore politico più vicino a cittadini e che, per la verità, alcuni hanno risposto al nostro appello mentre altri non avevano bisogno di essere sollecitati in quanto già condividevano la nostra istanza».
Il silenzio della politica
«Oggi – rileva Vito Totire – è “sorprendente” come, pur a un passo dal “crampo da Dpcm”, il Presidente del Consiglio non abbia pensato al veto, né al veto abbia fatto alcun accenno il sindaco di Bari, Presidente dell’Anci, né i Presidenti delle Regioni, vezzosamente definiti “governatori”. Eppure, oltre ad essere una consuetudine inquinante, pericolosa per l’ambiente e per la salute, l’uso dei botti e dei fuochi diviene ancora più assurdo alla luce dei riscontri riguardanti il nesso tra inquinamento dell’aria e diffusione del virus».
«Orridi ordigni – annota – sono già sugli scaffali dei più sperduti supermercati italiani: costi di questi ordigni anche fino a 25 euro (a quanto abbiamo constatato noi…), fabbricazione cinese o albanese, importatori nostrani. È evidente che sia ridicolo consentirne la commercializzazione e porre qualche divieto qua e là. Divieti che sono stati disomogenei anche tra Comuni confinanti e, ovviamente, spessissimo è accaduto che da un Comune a quello confinante si passasse da “divieto” a “divieto parziale” a “liceità d’uso”: una situazione grottesca anche se – purtroppo – tipicamente “italiana”».
Le richieste: “È ora di dire basta”
«Vogliamo silenzio, rispetto delle persone, degli animali e della qualità dell’aria e del suolo.
Vogliamo prevenzione degli infortuni (le nuove tecnologie comportano maggiore uso di nano particelle che aumentano il rischio di esplosività) e dei danni alla salute (asma, allergie, ecc.).
Divieto immediato di fabbricazione, importazione, commercializzazione
Divieto d’uso su tutto il territorio nazionale… e mondiale. Non è bastato neanche il virus!?».
L’appello ai cittadini
«Nelle more di un improbabile sprazzo di lucidità (è sufficiente una piccola dose di realismo e di buon senso) da parte dei decisori politici», viene lanciato un appello ai cittadini, invitati a riflettere sulla logicità di «spendere e buttar via trenta euro per… inquinare; poi, con l’aria che tira…».
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